LA CRISI DELL’IMPERO E LA CULTURA DEL III SECOLO

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Pierluigi Adami

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In questa sezione: opere di Plotino, Tertulliano, Cipriano, Commodiano

Sotto Antonino Pio si avvertirono i primi segni della decadenza dell’impero. Le grandi famiglie della nobilta’ latina erano in via di estinzione, sostituite da altre provenienti dalle provincie. La pressione dei barbari aveva costretto a prelevare contingenti militari dalle campagne, provocando cosi’ lo spopolamento di queste con relativa recessione agricola, che costrinse i governi all’importazione di moltissime derrate, con danno economico rilevante, perche’ non compensato da una esportazione che riuscisse ad equilibrare il bilancio passivo dello stato. A tutti questi fattori negativi si aggiunsero le invasioni barbariche per arginare le quali si allestirono eserciti costituiti in genere da altri barbari.

Nel disagio spirituale creatosi, gli spiriti piu’ inquieti cercavano nei culti misterici ed esoterici uno sfogo alla loro ricerca di un contatto diretto con la divinita, mentre la grande massa dei sudditi, si adoperava per conseguire il benessere economico, ricorrendo a tutti i mezzi plausibili o no.

Il successore di Antonino, Marco Aurelio, governò dal 161 al 180 in maniera illuminata, seguendo i dettami del filosofo peripatetico, suo maestro, Claudio Severo, che poneva alla base delle azioni il senso del compimento del dovere, il concetto dell’uguaglianza degli uomini. Per favorire la cultura, l’imperatore aveva istituito ovunque numerose biblioteche, privilegiando la civiltà ellenistica e la diffusione della lingua greca, per cui il bilinguismo divenne abituale nella societa’ del tempo, che godette di un periodo di pace nonostante la prima invasione dei barbari.

Gli successe il figlio Commodo che dal 180 al 192, svolse una politica autocratica sul modello di Caligola e Nerone, pretese onoranze divine e fini’ la sua vita strangolato dal gladiatore che lo aveva allenato, non essendo riusciti i congiurati a farlo morire propinandogli del veleno.

Alla sua morte, molti furono i pretendenti al titolo imperiale e, con l’ausilio dell’esercito, su tutti prevalse Settimio Severo, di origine africana. Dal 193 al 211 questi instaurò una monarchia militare in cui il senato divenne solo uno strumento con funzioni burocratiche ; la moneta perse valore e, occorrendo in modo particolare al sovvenzionamento degli eserciti, l’imperatore dovette ricorrere all’inasprimento del fisco. Salito al potere, il suo primo atto di governo fu quello della riabilitazione della figura di Commodo per il quale il senato aveva richiesto la Damnatio memoriae.

Gli successe M. Aurelio Antonino o Caracalla (211-217), cosi’ detto dal mantello gallico che soleva portare. Con l’editto Constitutio Antoniana del 210 estese il diritto di cittadinanza a tutte le province, togliendo a Roma il primato sulle altre città e accentuando la crisi politica, sociale, economica dell’Impero. Per accrescere l’erario, pretese dai cittadini il pagamento della tassa di successione dei beni patrimoniali, prima limitata a poche province.

Con lui la corte assunse l’aspetto di quelle orientali, molto influenzate dall’elemento femminile, dal simbolismo e da culti misterici ed exatologici..

Terminata la dinastia dei Severi nel 235, si apri’ un periodo di anarchia militare e di una gravissima situazione economica. Ebbe il potere, assicuratogli dalle truppe, un trace, un certo Massimino che conduceva al pascolo le pecore: dimostrazione questa della grave condizione di crisi dell’impero.

Nel millennio della fondazione di Roma, scesero i Goti in Italia e una terribile epidemia seguita da miseria e brigantaggio, provocò una notevole diminuzione della popolazione iscritta nelle liste anagrafiche.

Nel 251 l’imperatore Decio mori’ combattendo contro i Goti e nel 260 Valeriano fu catturato dai Persiani: alla sua morte in prigionia, la sua pelle scarnificata fu appesa sulla porta di un tempio. Seguirono altri imperatori, sotto i quali si rese indipendente la Gallia e si formò in oriente il regno di Palmira. La situazione romana migliorò con Claudio Aureliano che fece erigere, a difesa di Roma, le mura che furono testimonianza di una forma di riscatto della città. Alla sua morte sorsero nuovi contrasti e discordie civili fino all’elezione di Diocleziano, che governò dal 284 al 305 d. C.

Questi, per poter provvedere al governo dell’impero, dette vita alla tetrarchia, governo di quattro e a modifiche amministrative. I cristiani, ritenuti responsabili della mancanza del dovuto ossequio alla maestà imperiale, di cui rifiutavano il culto, furono da lui perseguitati. In seguito, dopo vari concili riguardanti la nuova fede cristiana, si pervenne all’editto di Tessalonica del 391, con cui il cristianesimo venne ritenuto religione ufficiale dello stato.

In questo periodo. decadde la letteratura e fiorirono i nuovi sofisti, che unendo retorica ed arte declamatoria, loro congeniale, trattarono diversi argomenti, spesso su richiesta del pubblico, tendendo solo a convincere gli ascoltatori della bontà delle loro argomentazioni fittizie. Essi operarono in particolare a Roma, ad Atene, Smirne, Efeso e annoverarono fra i maestri più notevoli e molto ricercati ed influernti, Favorino di Arles, Erode Attico ed Elio Aristide.

La scomparsa graduale dell’attività del senato ormai estromesso dal potere, la necessita’ della difesa dell’impero dalle invasioni barbariche con gli eserciti, il cui mantenimento aveva esautorato il bilancio dell’erario statale, la riscossione di nuovi balzelli e un diverso modo di procacciare la ricchezza, che non proveniva più dalla proprietà terriera, avevano determinato l’abbandono delle campagne dalle quali una volta proveniva, oltre alla mano d’opera, anche il reclutamento delle milizie e si era creata una enorme differenziazione fra le classi sociali con la scomparsa di quel patriziato, che tanto aveva contribuito alla formazione e diffusione della cultura e civiltà romana col suo mecenatismo e la sua funzione storica nelle vicende dell’impero.

Per provvedere alla nuova strutturazione politica, economica e giuridica dell’impero, si curò la formazione di giuristi, che crearono codici di comportamento validi per ogni consorzio civile, e, fra essi emersero Papiniano e Ulpiano.

Papiniano, prefetto del pretorio sotto Settimio Severo, venne fatto uccidere da Caracalla nel 212 e Ulpiano subì la stessa sorte per mano dei pretoriani nel 228.

In questa decadenza generale della cultura e dell’arte, culti diversi incoraggiarono il sincretismo religioso, accumunando, in un nuovo larario, personalità quali Abramo, Orfeo, Cristo, a correnti di pensiero orfiche, dionisiache ed ermetiche, che sembravano rispondere di più alle nuove concezioni mistiche che la società richiedeva.

L’aspirazione all’immortalità dell’anima, propria delle religioni rivelate, la speranza nella salvezza dell’uomo, nella sua redenzione attraverso le azioni, già serpeggiavano nelle opere di Apuleio, di retori e filosofi come Plotino.

 

Plotino, nato nel 205 a Licopodi, dopo aver studiato ad Alessandria e frequentato con il letterato greco Longino e con il cristiano Origine, per molti anni, una comunità ascetica retta dal bracciante Ammonio Sacca, aveva cercato di indagare.in una scuola fondata a Roma, il rapporto che si poteva instaurare fra l’uomo e l’essenza divina. Il suo discepolo Porfirio, aggiunse al suo pensiero teorie più complesse, quale quella del rapporto fra l’uno e il molteplice, proveniente dall’irradiazione della sovrabbondanza dell’uno, che restava sempre integro nella sua essenza. Questo rapporto, secondo Porfirio, non era collegabile alla grazia e volontà divina, propria dei cristiani nelle loro estasi, o a pratiche magiche, secondo gli ermetici, ma alla consapevolezza che l’uomo, pur vivendo isolato nella sua condizione umana e in una dimensione temporale, attraverso l’esercizio della virtù, poteva ricongiungersi all’uno nella contemplazione della bellezza universale

Diffusosi il Cristianesimo, che aveva avuto origine in Palestina, dove era nato il Cristo, ebbero fine le persecuzioni. Queste non si erano verificate mai contro i Giudei perché il loro credo religioso abbracciava soltanto il territorio ristretto alla Palestina e non poteva costituire un elemento di disgregazione per l’impero.

Ai culti giudaici – cristiani cui non difettavano valori di carattere mistico simbolico, rinvenibili anche al Corpus Hermeticum di Hermes Trismegistos, ritenuto contemporaneo di Mosè e di Zoroastro e ispiratore di Pitagora e di Platone, vennero ascritte le teorie sull’immortalità dell’animo, che rappresentarono la base fondamentale delle dottrine rivelate.

I testi del Nuovo e del Vecchio Testamento, gli Atti degli Apostoli, la liturgia, i canti e le preghiere, scritte all’inizio in greco, costituirono la base dottrinale del Cristianesimo, che, nel II secolo, con le Lettere ai Corinzi di S. Paolo dette le sue prime manifestazioni letterarie di ambiente romano, in latino.

Vi fu, in seguito, in campo religioso, da parte degli scrittori apologetici del nuovo credo, anche il ripristino della classicità dello stile latino, che differenziò, nella forma e nel contenuto, gli scritti di coloro che, invece, usarono la lingua greca. Fra i latini risultarono particolarmente notevoli Minucio Felice che, nella sua opera l’Octavius, si servi’ di uno stile pacato che richiamava Seneca e della forma dialogica - filosofica propria di Cicerone. Nel suo trattato, che non si addentrava sui dogmi della Chiesa, lo scrittore esaltò la spiritualità della nuova dottrina, basata sull’amore, fonte di gioia perenne nell’animo dei credenti.

Per concludere, dal bisogno di una spiritualità che coinvolgesse la società in modo diverso da quanto poteva offrire la religione pagana, dalla revisione del neoplatonismo sincretizzato con diversi credi, quale quello orfico, si diffuse il cristianesimo. Anche prima della sua organizzazione ortodossa e dottrinaria, alcuni suoi adepti vissero da anacoreti, in luoghi solitari, spesso nel deserto, una vita di privazioni, di mortificazioni fisiche e di preghiere, per acquistare grazia presso Dio.

Altri, i cenobiti, lasciarono la famiglia per vivere in cenobi, dove costituirono delle comunità per seguire rigide norme di comportamento, dediti ad opere di misericordia, a preghiere, per il conseguimento di una forma di spiritualità che li facesse sentire consapevoli della presenza divina nella loro vita. Pare che nel 320 il fondatore del cenobismo, nella Tebaide, sia stato un certo Pacomio.

 

Tertulliano

Tertulliano espresse il suo ardore di fede, con una passionalità fervente e intransigente anche verso la Chiesa che giudicava troppo indulgente verso i suoi adepti; spinto da ansia spirituale, propria di un misticismo ignoto all’antichità classica, voleva penetrare nell’essenza della divinità per propagandarne il verbo. Nel suo rigorismo ascetico e morale, si scagliò contro la donna, discendente di Eva, creatura quasi demoniaca nelle sue intemperanze, in più opere, quali De virginibus velandis, De cultu feminarum e, contro chi negava l’incarnazione di Cristo, scrisse il De carme Christi. A lui si attribuisce il famoso detto: “Credo quia absurdum”, che esprimeva la sua fede incondizionata sui misteri del verbo divino, predicati dal Cristianesimo.

Nella sua opera più notevole l’Apologeticum ovvero discorso di difesa, rivolto ai governatori romani volle dimostrare l’assurdità delle persecuzioni, perché, dal sangue dei martiri , sarebbero usciti altri cristiani, pronti a sacrificarsi per la loro fede.

Lo stile oscuro, il linguaggio profetico, denso di barbarismi, riproducevano il latino volgare, usato dal popolo in territorio africano.

De cultu feminarum:

Traduzione

Tu es diaboli ianua, tu es arboris illius resignatrix, tu es divinae legis prima desertrix; tu es quae eum suasisti, quem diabolus aggredi non valuti; tu, imaginem dei, hominem, tam facile elisisti; propter tuum meritum, id est mortem, etam filius dei mori habuit; et adornari tibi in mente est. Super pelliceas tuas tunicas?

Tu sei la porta del diavolo, tu hai tolto il valore di quell’albero, tu sei la prima che ha trasgredito la legge divina, tu sei quella che persuase colui che neppure il diavolo ebbe il potere di raggirare; tu con tanta facilità hai annientato l’uomo, immagine di dio; per colpa tua, la morte e anche il figlio di dio è morto; nonostante ciò, ancora hai in animo di ornare le tue tuniche di pelle?


Cipriano

Diverso da lui era il discepolo Cipriano, nato in una ricca famiglia di Cartagine. Retore molto acclamato nella sua città, divenne vescovo di Cartagine dopo la sua conversione al Cristianesimo e la donazione di tutti i suoi beni al popolo. Scrisse tredici trattati di carattere apologetico e il corpus delle Epistulae. Nell’opera Ad Donatum, espresse, con l’eleganza dello stile degli antichi classici, la serenità serafica del suo spirito, conseguita attraverso la conversione.

Cipriano, dopo gli apostoli Pietro e Paolo fu il primo vescovo della Chiesa ad essere martirizzato con la condanna alla decapitazione, il 14 settembre 258.

Ad Donatum I

Traduzione

Ego cum in tenebris atque in nocte caeca iacerem cumque in salo iactantis saeculi nutabundus ac dubius vestigiis oberrantibus fluctuarem vitae meae nescius, veritatis ac lucis alienus, difficile prorsus ac durum pro illis tunc moribus opinabar, quod in salutem mihi divina indulgentia pollicebatur, ut quis rinasci denuo posset utque in novam vitam lavacro aquae salutaris animatus, quod prius fuerat, exponeret et corporis licet manente conpage hominem animo ac mente mutaret. Qui possibilis, aiebam, tanta conversio, ut repente ac perniciter exuatur, quod vel genuinum situ materiae naturalis obduruit vel usurpatum diu senio vetustatis inolevit.

Quando io giacevo nelle tenebre e in una notte buia, andavo fluttuando vacillante e incerto su orme vaganti nel mare del secolo turbolento, ignaro dello scopo della mia vita, alieno alla luce della verità, mi appariva cosa difficile ed ardua, in relazione al mio modo di vivere, quello che l’indulgenza divina mi prometteva per la mia salvezza: che qualcuno potesse di nuovo rinascere rianimato a nuova vita da un lavacro di acqua rigeneratrice.

Come è possibile - mi chiedevo - tanta conversione da farmi rivestire celermente, all’improvviso, di ciò che di genuino nella nascita si era indurito e accresciuto invecchiando, col passare degli anni.



Commodiano

Commodiano, nato in Palestina, ma vissuto a lungo in Africa, scrisse in esametri il “Carmen apologeticum”, che, iniziando da Mosè, giungeva fino alla resurrezione di Cristo e preannunciava la fine del mondo e il Giudizio Universale.

Era più vicino al modo di pensare di Tertulliano, e invitava i cristiani alla penitenza descrivendo l’apocalittica fine del mondo, le fiamme che travolgevano gli eretici e la gloria e il trionfo dei fedeli in Cristo.

Lo stile è un po’ monotono, con lessico approssimato, ma con quadri a volte ardenti della sua interiore passione. Il suo linguaggio era proprio quello usato dal popolo e l’esametro di cui si serviva non si basava sulla quantità delle sillabe, ma sul loro accento tonico e preludeva il volgare, che si stava affacciando nella storia letteraria del Medio Evo.

Carmen apologeticum

Traduzione

Ecce canit caelo rauca, sed ubique resultans,
quae pavidat totum orbem in ruina cadentem.
Sol fugit incaute, subito fit noctis imago,
Et deus exclamat : Quamdiu me ferre putatis ?
Cuius signo dato pestis ruit, aethere toto,
cum strepitu tonitrui descendit impetus ignis.
Tunc aliud atque aliud fulmen iactatur ab astris,
ignea tempesta fugit reservata tot annis,
rugit pestifera clades, tremit excita tellus,
nec quo se avertat providet gens omnis humana.
Stellae cadunt caeli, iudicantur astra nobisquum:
turbantur caelicolae, agitur dum saecli ruina.
Suppetium nullum tunc erit et clamor inanis;
Non navis accipiet hominem, non ulla latebra ;
nec illi subveniunt, quos ante pro magno colebant:
quisque sibi satagit, sed nil proficiet illi;
ros ad illos erit, nam ceteris poena letalis.

Ecco dal cielo risuonare cupa, ma ovunque eccheggiante, la tromba e spaventa tutto il mondo che cade in rovina.
Il sole incautamente fugge e all’improvviso appare l’immagine della notte. E Dio grida: “Fino a quando pensavate che io sopportassi? Al suo cenno, la strage si spande per ogni parte del cielo

Col fragore del tuono scende con impeto il fuocol Allora, uno dopo l’altro, i fulmini vengono scagliati dal cielo, e la tempesta di fuoco risparmiata per tanti anni si scatena, risuona la strage rovinosa, trema la terra eccitata, né il genere umano sa dove trovare scampo. Le stelle precipitano dal cielo, gli astri vengono giudicati con noi, sono turbati gli abitanti del cielo, mentre incalza la rovina del secolo. Non vi sarà allora nessun soccorso e sarà vano gridare; nessuna nave e nessun mascondiglio accoglierà l’uomo. Non li aiuteranno quelli che avevano tenuto in gran conto: ciascuno provvederà a se stesso, ma nulla li soccorrerà; gioverà invece a quelli che Cristo ha segnato; infatti per essi sarà come una rugiada, per gli altri un castigo letale.

 

Altri apologeti

Arnobio

che espose nei suoi libri una dottrina che si scostava alquanto dall’ortodossia cristiana, in quanto l’uomo veniva considerato “animal caecum et ipsum se nesciens”, cioè una creatura cieca, che ignora se stessa, con una concezione pessimistica, sferzante, sulla sua natura. Lo stesso tono satirico è da lui usato nel confutare il paganesimo.

Lattanzio

anch’egli, come Arnobio, africano e retore, in base alla testimonianza di Gerolamo, venne chiamato a Treviri da Costantino, come precettore di Flavio Crispo, suo figlio, fatto dal padre poi giustiziare. Si dice che ebbia avuto notevole influenza sulla politica imperiale riguardante la legislatura e che nelle sue opere, in genere non pervenute, l’uomo sia stato posto al centro della creazione divina, come un essere la cui perfezione fisica e mentale rappresentava la parte più alta e nobile della creazione: Dio, nel saggio De ira Dei, intervenne per punirlo, solo quando infranse col male l’ordine da lui creato. La classicità del suo stile, lo fece giudicare sia da Gerolamo che da umanisti posteriori il “Cicero Christianus.

Gaio Vettio Aquilino Giovenco

sacerdote spagnolo, compose la vita di Cristo, basandosi sulla narrazione dei quattro evangelisti e usando il lessico proprio dei grandi scrittori latini, quali Lucrezio, Virgilio, Ovidio, Lucano, per dare epicità alla letteratura volta all’esaltazione della cristianità.

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